Durante l’estate ho iniziato a leggere un paio di libri (uno in realtà l’ho già finito) che affrontano il tema dell’essere originali e andare oltre il conformismo da punti di vista differenti, soprattutto in campo business e marketing. Ma più in generale se ne può parlare in riferimento alle idee, ai gusti o allo stile di vita.
Non esiste una mappa e nemmeno un libretto di istruzioni che ci indichi come vivere le nostre vite e ognuno di noi può creare la propria realtà, più o meno conforme al modello che ci circonda o che ci viene proposto come l’unico possibile e corretto. Che tradotto significa che ognuno di noi può fare a modo suo. A patto di riuscire a superare certi ostacoli, come il timore del giudizio degli altri e la paura di andare contro le idee della massa e restare soli.
Ma voler mantenere la propria unicità e identità non significa vivere isolati. Forse non dovremmo uniformarci al gruppo sociale del quale vogliamo far parte ma scegliere il gruppo o l’ambiente che condivide il nostro stesso modo di vivere e di pensare. Non credete?
Per essere anticonformisti non è necessario compiere grandi atti rivoluzionari, vivere ai margini, fare scelte estreme. Anche le piccole scelte quotidiane e le piccole grandi rivoluzioni sono importanti e ci rendono esseri umani capaci di ragionare sulle cose e di decidere per noi stessi al di là dei condizionamenti sociali o di ciò che ci si aspetta da noi, di percorrere strade più o meno lontane dalla “normalità”, dal modello largamente diffuso e condiviso. Questo, per non ritrovarci un giorno ad aver accettato tutta la vita le cose che ci sono state proposte come le uniche che potessimo desiderare e alle quali potessimo aspirare.
Il conformismo nel mio piccolo
Vi parlo di me. Da quando ho iniziato a seguire un’alimentazione più sana ed equilibrata e ad allenarmi regolarmente 3-4 volte a settimana facendo pesi mi sono dovuta “scontrare” con la resistenza di molte persone, anche vicine, che con opinioni non richieste e battute hanno cercato di buttarmi giù. Ma mi sono imbattuta anche in altre, pressoché sconosciute, che non hanno potuto fare a meno di dire la loro.
In un anno mi sono sentita dire: “sei diventata proprio fissata con la palestra”, “tanto il culo grosso lo avrai sempre”, “non sarai mai bella come la modella figona di turno”, “non mi sembra che i tuoi vecchi vestiti ti stiano tanto larghi come dici” (ho perso una taglia abbondante). Ma potrei continuare e probabilmente ne sentirò tante altre.
Sia chiaro, non cerco l’approvazione di nessuno e tanto meno di queste persone. Non sono un’adolescente insicura e so scegliere per me stessa e per la mia vita; l’assenza di empatia e il disinteresse alla condivisione del risultato positivo di una persona cara però mi straniscono sempre. Ma questo è un altro discorso.
Nelle loro frasi, oltre al tentativo più o meno inconscio di demoralizzarmi vedo un giudizio su di me, sul mio essere in questo caso anticonformista perché non accetto come tutti il corpo che la natura mi ha dato (o quello che ho ottenuto dopo una vita ad ignorarne il funzionamento e le esigenze) e scelgo di impegnarmi a migliorare invece di vivere da insoddisfatta. Sono andata contro chi tende a considerare quello che sto facendo come pura vanità o tentativo di appartenere ad un gruppo diverso da quello che considerano il mio (di identità sociale parleremo a breve).
Però ora facciamo un paio di passi indietro.
Conformismo: cosa significa?
Il termine conformismo si riferisce alla tendenza ad adeguarsi alle opinioni e ai comportamenti socialmente prevalenti; ad esempio nel modo di vestire, nelle idee e nel modo di pensare o vivere. In psicologia questo atteggiamento viene definito con il termine “conformità”. Si tratta di un comportamento mimetico, cioè che imita, secondo il quale l’individuo si nasconde nell’ambiente sociale in cui vive assumendone i tratti più comuni.
“Conformista” è colui che ignora o sacrifica la propria libera espressione (in maniera più o meno marcata) e si adegua nel comportamento, nelle idee, nell’aspetto esteriore alla forma espressa dalla maggioranza o dal gruppo di cui fa parte. Indicativo è l’esperimento condotto dallo psicologo Solomon Ash per evidenziare la tendenza dell’uomo a conformarsi alle idee di un gruppo, a dare consenso alla maggioranza. Potete leggere qualcosa in merito qui.
Bisogno di appartenenza e di approvazione
L’essere umano è un animale sociale e fin da bambino ha la necessità di appartenere ad un gruppo. Questo bisogno spesso lo spinge a conformarsi con atteggiamenti che non gli appartengono e che non rispecchiano il suo sistema di valori, solo per la necessità di sentirsi integrato. In breve, la paura di essere isolati socialmente ci fa nascondere le nostre caratteristiche individuali, accettando anche le idee e le opinioni più diffuse senza fermarci a pensare a che cosa significano e se siamo veramente in accordo con esse.
Da cosa dipende questo conformismo sociale? Non semplicemente dal bisogno di appartenenza ma anche dalla dimensione del gruppo di riferimento (più è grande e più tenderemo a uniformarci), dalla possibilità di interagire nuovamente in futuro con esso e dalla cosiddetta ambiguità dello stimolo (se siamo indecisi su una scelta, tenderemo più facilmente a uniformarci a quella presa dagli altri).
Una volta conformati alle idee e agli atteggiamenti di quel gruppo tenderemo a difenderlo e a sfavorire le persone appartenenti ad un gruppo differente, a prescindere dalla motivazione che separa noi e loro (idee politiche, etnia, gusti musicali, preferenze relative a una squadra di calcio, stratificazione sociale, tanto per fare alcuni esempi). In questo caso si parla di identità sociale.
Non molto tempo fa una persona che mi segue assiduamente sui social ma che non conosco (l’ho vista di persona mezza volta anni fa) mi ha scritto per dirmi che mi comporto come una “ricca viziata senza essere ricca” (queste sono state le sue esatte parole). Ovviamente non ho ceduto alla sua provocazione ma mi sono fatta un’idea in merito.
Penso che questa persona, che si identifica con un ambiente sociale al quale sente di appartenere (non senza evidente risentimento) abbia individuato in me un’esponente di quello che considera un gruppo sociale opposto al suo (al quale più o meno inconsciamente aspira, pur volendo mostrare un certo disprezzo) e per questo si è sentita autorizzata a sparare a zero su di me sulla base del nulla (probabilmente crede di conoscermi molto bene perché guarda ogni giorno le mie Storie su Instagram).
Capite bene che ragionamenti come questo sono molto tristi ma purtroppo sono all’ordine del giorno e situazioni simili capitano a tutti. La presenza dei social e l’utilizzo spesso sconsiderato che se ne fa tende però a ingigantirle e fa credere alle persone di poter scrivere tutto ciò che non avrebbero il coraggio di dire in faccia. Ma anche questa è un’altra storia.
Identità sociale e stereotipi
Semplificando molto, possiamo definire l’identità sociale in questo modo: io sono in quanto appartengo a un certo gruppo. Si costruisce attraverso tre processi: categorizzazione delle persone, identificazione all’interno di una di queste categorie, confronto sociale che porta a ritenere il proprio gruppo come il migliore a priori.
Vi rimando banalmente a una pagina di Wikipedia sull’identità sociale, che riporta anche gli studi in lingua originale dello psicologo H. Tajfel e una breve bibliografia in italiano.
È facile immaginare che in questo modo i membri di un gruppo percepiscano le persone al di fuori secondo degli stereotipi, sviluppati anche in assenza di un contatto reale con loro. Ricordate la mia “amica” di qualche riga più in alto?
Gli stereotipi sono attribuzioni generalizzate di caratteristiche che fanno parte di un individuo come tratti distintivi di un intero gruppo sociale e di tutti i suoi membri. Facendo uso di una semplificazione estrema, sono spesso un ostacolo alla conoscenza autentica di ciò che ci circonda.
Per approfondire il concetto di stereotipo e di pregiudizio e la loro origine vi rimando a questo video e a questo.
Oltre il conformismo: essere originali
L’atteggiamento opposto al conformismo è l’anticonformismo, che non significa fare tutto il contrario di quello che fa la massa o non appartenere a nessun gruppo ma piuttosto il non conformarsi passivamente. Cioè? Essere anticonformista significa non aderire a qualcosa per il semplice motivo che lo fanno gli altri, si tratta di rifiutare le idee e i comportamenti prevalenti in un dato ambiente sociale.
La chiave sta nella motivazione che ci spinge a compiere o meno un’azione, a pensarla in un certo modo rispetto a un argomento, a mostrare apprezzamento per qualcosa. Se lo facciamo o pensiamo perché così fanno o pensano tutti allora ci stiamo conformando. Ma se quel dato comportamento o pensiero ci rispecchia possiamo abbracciarlo anche se rappresenta la scelta della massa. Una persona anticonformista è semplicemente qualcuno che riesce ad essere sé stesso e a non farsi condizionare dagli altri.
Non importa tanto quali siano le cose che compriamo, i luoghi che frequentiamo, le idee che esprimiamo ma il perché. Se quest’estate, tanto per fare un esempio, sono stati tutti in vacanza a Mykonos e noi ci andiamo perché non siamo mai stati in Grecia, perché amiamo quella cultura, il cibo o il mare è diverso dall’andarci perché appunto ci vanno tutti e quindi vogliamo essere come tutti gli altri, vogliamo aver visitato gli stessi luoghi, scattato le stesse fotografie, frequentato gli stessi locali.
Essere anticonformista significa essere originali e fuori dal coro, andare controcorrente, pensare fuori dagli schemi, avere una mentalità aperta, pensare diversamente, avere opinioni alternative, guardare oltre il conformismo. Andare oltre la banalità e la normalità ma non come obiettivo di vita. L’anticonformista è un ribelle consapevole che riflette e decide per sé a prescindere dalle pressioni dell’ambiente sociale che lo circonda, non accetta passivamente ciò che suggerisce l’opinione comune.
Pensiamolo un po’ come vedere il mondo e vivere con tutte le sfumature possibili e scegliere quelle che più ci rispecchiano invece di restare entro una gabbia fatta da una scala di grigi o al massimo dai colori primari. Il conformismo invece non ci permette di esprimerci a pieno.
Pensiero laterale e pensiero alternativo
Il concetto di pensiero laterale è stato introdotto nel 1967 da Edward Bono, psicologo di Oxford; definisce il pensiero orientato alla ricerca di soluzioni che vanno oltre la logica, lascia spazio all’immaginazione e presenta un numero infinito di metodi per ottenere un risultato. Cosa serve per metterlo in pratica:
- mente aperta per formulare nuove idee e opzioni di scelta;
- utilizzo di analogie, utili per confrontare le idee e allontanarsi dagli stereotipi, dalla banalità e dai concetti preconfezionati. Pensate al famoso disegno dell’opera “Il piccolo principe” del cappello/serpente che si è mangiato un elefante;
- sguardo verso sfide e problemi da una prospettiva diversa, cosa che può regalare visioni inedite;
- divisione del problema in parti più piccole per poterlo vedere in modo più ampio, in tutte le sue opzioni. I blocchi mentali di solito trovano terreno fertile quando guardiamo solo una parte del problema.
Il concetto di pensiero alternativo è da attribuir a Malcolm Gladwell, saggista e sociologo. Rispetto al pensiero laterale comprende anche altre capacità: consapevolezza di dove investiamo le nostre energie intellettive ed emotive, predisposizione e apertura al cambiamento e alla trasformazione di noi stessi, ricerca del superamento delle circostanze attuali volto al miglioramento.
Non si tratta quindi semplicemente di limitarci a esprimere idee, a dare risposte e soluzioni innovative o creative ma di portare anche innovazione in noi stessi. Chi pensa diversamente, le persone che osano essere originali osano anche vivere vite originali.
Pensiero critico: vedere il mondo fuori dagli schemi
Facciamo ancora un passo in più al, di là del conformismo e parliamo di pensiero critico. Cosa significa? Partiamo dall’esempio dei social network. In una società in cui è molto facile condividere un post su Facebook scritto da altri ma senza aver letto nulla oltre al titolo (spesso creato ad hoc per dare vita a una discussione intorno ad esso) dovremmo imparare almeno a difenderci, prima di lavorare allo sviluppo del nostro pensiero critico.
Ecco come:
- mettendoci sempre in discussione;
- verificando e approfondendo le notizie;
- distinguendo i fatti dalle opinioni;
- creandoci un’opinione nostra.
Come si impara a pensare fuori dagli schemi?
- con disciplina, forza di volontà, audacia;
- mettendo da parte il timore del giudizio degli altri;
- mettendoci alla prova, mettendo in discussione le nostre idee sul mondo e su noi stessi;
- mettendo alla prova i nostri schemi mentali;
- eliminando categorie ed etichette sociali che abbiamo costruito;
- mettendo in dubbio ogni cosa, non accettando la prima opzione, la spiegazione più scontata, la strada più semplice;
- andando oltre l’apparenza;
- liberandoci di ciò che ci limita, soprattutto delle idee.
La sfida quotidiana degli anticonformisti
Chi pensa in modo diverso spesso prende decisioni alternative che altri non capiscono o non approvano. Ma questo non deve influenzarci o farci dubitare di noi stessi e delle nostre capacità.
Essere originali e anticonformisti va ben oltre a cose come il decidere di non essere presente sui social. Riguarda gli aspetti davvero importanti della vita, quelli per i quali vale la pena fare scelte per noi stessi e non per compiacere qualcuno o per seguire la corrente dominante.
Non sto dicendo che essere conformisti sia sbagliato ma se compiere azioni o avere idee che ci conformano a ciò che ci circonda ci fa in qualche modo soffrire perché rinunciamo ai nostri interessi e ci limitiamo, allora è davvero sbagliato per noi. È importante capire cosa ci porta a fare scelte conformiste; può trattarsi di paura, comodità, rassegnazione, mancanza di coraggio o il voler evitare conflitti. Il secondo passo è quello di superare questi blocchi. Se invece in una certa situazione ci sentiamo felici, allora ok e avanti tutta.
Come capire se siamo persone conformiste
Spesso è difficile accorgerci di essere persone conformiste perché siamo totalmente immersi in un ecosistema che ci fa sentire al sicuro in questa uniformità di pensiero e di azioni. Pensiamo semplicemente di fare quello che va fatto, quello che fanno tutti, quel che si fa in una particolare situazione o in un momento della vita.
Cerchiamo piuttosto di capire perché facciamo una scelta o compiamo una certa azione, se perché ne siamo convinti o per emulazione.
Modelli anticonformisti
Il modello dominante nella nostra società occidentale, avanzata e mediamente istruita, comprende studiare, poi trovare un lavoro “sicuro” per i successivi 40+ anni aspettando la pensione, per potersi a quel punto godere la vita, viaggiare o in alternativa fare i nonni; in attesa di questo bisogna sposarsi e fare figli, aspettare il weekend per dedicarsi alle proprie passioni (che nulla hanno a che fare con il proprio lavoro) o per andare al centro commerciale a comprare cose di cui non abbiamo bisogno e che spesso neanche desideriamo davvero e attendere le cinque settimane (se si è fortunati) di ferie all’anno per andare in vacanza.
Esistono in realtà tante diverse alternative. Ad esempio ci sono sempre più persone che decidono di rompere il modello consumista e di vivere con meno oggetti, con meno vestiti, di acquistare meno e in maniera più consapevole, di vivere in una casa più piccola o magari di vivere su una barca a vela o su un van camperizzato o in una tiny house, di non possedere un’auto ma di spostarsi con mezzi alternativi e utilizzando tutte le possibilità a disposizione (ad esempio il car sharing nelle grandi città). In questo modo riescono a consumare meno e a spendere meno, ad aver bisogno di meno soldi per vivere e quindi a dover lavorare meno e a dedicarsi ad altro per il resto del tempo.
E si, parlare di temi come il minimalismo o il nomadismo digitale è ormai di tendenza ma si tratta ancora di atteggiamenti e scelte di vita alternative e anticonformiste. State certi che approfondirò questi argomenti e ve li proporrò in futuro tra queste pagine.
Per approfondire
Come potete immaginare, la questione sul conformismo e su tutto il discorso che ne deriva è più complessa di come ve l’ho presentata ma questo non è un trattato, i miei Appunti mensili sono solo un modo per condividere con voi alcune mie riflessioni che nascono da letture o da situazioni che vivo. Se volete approfondire potete farlo in vari ambiti, dalla sociologia alla psicologia sociale per avere un quadro generale; poi potete passare a letture più specifiche in base al vostro ambito di interesse.
Io ad esempio sto leggendo due libri:
- “Essere Originali” di Adam Grant (“Originals” in lingua inglese) – originalità e anticonformismo nel business, come il prendere decisioni che vanno contro corrente e avere idee differenti porta spesso a un beneficio e a un vantaggio rispetto agli altri, al successo della propria idea di business;
- “La Mucca Viola” di Seth Godin (“Purple Cow” in lingua inglese) – originalità nel marketing moderno, dove non pisi può più pensare di promuovere prodotti pensati per la massa e proposti come tali, per soddisfare le esigenze del maggior numero di persone, ma bisogna preferire la nicchia, un bisogno specifico, un target ristretto di persone e per loro creare un prodotto o servizio straordinario, che si distingua, che si faccia notare e ricordare e costruire su esso una strategia di marketing. Questo l’ho già finito.
Vi segnalo anche questo video:
WOW! Sembra davvero scritto per me questo articolo. Nel senso che sto lavorando davvero tanto su di me in questo senso, sicuramente mi hai fornito tanti spunti e sicuramente comprerò i libri che hai citato!
Come sempre è un piacere leggere il tuo blog!
Ciao carissima!
Ho letto il tuo commento solo ora, scusami. È così raro ormai vedere commenti reali (non spam) su un blog… e ti ringrazio doppiamente per questo e per le belle parole.
Mi fa immensamente piacere sapere di essere per voi (in questo caso per te) un aiuto, uno spunto di riflessione o di ispirazione. Fammi sapere delle tue letture. Volevi leggere Godin o Originals di Adam Grant? Originals l’ho solo iniziato ma mi ha subito rapita, ogni pagina c’è qualcosa da sottolineare, parla di aziende, startup, ma insegna qualcosa in senso molto più ampio e fa tanto riflettere.
Spero di ritrovarti di nuovo tra queste pagine <3